La Pozzanghera

Quel colore sul viso lo aveva sempre detestato. Spia di un subbuglio interiore che non riusciva a controllare. Segnale di surriscaldamento fisico che andava a localizzarsi esattamente nella parte più visibile, le guance. Ostacolo nel rapporto con gli altri quando si accorgeva che lo sguardo altrui si fermava lì e le sembrava di cogliere disapprovazione. Perché quel rossore, per lei, non aveva significato, se non nel senso di un difetto. Aveva trovato modi di mimetizzarsi e di controllare l’incontrollabile. Il fondotinta poteva tenere a bada il rossore: certo in piena estate le dava quel colorito pallido e un po’ cereo, ma era molto meglio del colore. Aveva anche imparato a muoversi lentamente o a non muoversi affatto, così da evitare il surriscaldamento e le nefaste conseguenze: certo risultava un po’ rigida e bloccata, ma molto meglio di quel colore rosso sulle guance!

Era sempre più frequente che stesse da sola, perché gli altri avevano quel maledetto vizio di voler sempre fare qualcosa, andare in bici o a correre o, ancora peggio, fare gite in montagna, con tutto quello che questo voleva dire in termini di rossore! E poi tutti a chiederle come mai non usciva, come mai non stava con loro. Insomma, meglio sola.

Era solita andare dietro un’autorimessa abbandonata, un luogo che quelli del quartiere avrebbero voluto bonificare e trasformare in un parco. Se ne stava lì, in solitaria, ad osservare una grande pozzanghera nella quale della benzina formava un velo leggermente colorato sull’acqua. Si sentiva un po’ cosi, come quell’acqua poco limpida. Non era limpida neanche lei, sporcata da quel colore sulle guance o dal fondotinta usato per coprirlo. Per questo si sentiva triste e sola. Ma non sapeva come cancellare questo difetto.

Da mesi stava studiando come inventare uno strumento per ripulire l’acqua della pozzanghera. Questo pensiero la distraeva dal disagio e dal dolore. Le venne in mente il barattolo delle bolle di sapone e provò a costruire un tubo cui era attaccato un cerchio, come un grande bastoncino delle bolle di sapone. Quel giorno decise di portarlo con sé alla pozzanghera. Iniziò a soffiarci dentro, sul pelo dell’acqua, per spostare la chiazza di benzina. Era così assorta che non si accorse delle persone che arrivavano a vedere, tra cui molti suoi amici. La benzina si mosse e venne piano piano raccolta dal bastoncino, formando una grande bolla dai colori dell’arcobaleno. Lo sforzo era notevole e già sentiva che le guance erano diventate di fuoco, ma decise di andare avanti. Man mano che la bolla si ingrandiva vide che l’acqua diventava più limpida, riprendendo il suo aspetto naturale. Ci si poteva specchiare dentro, insieme al cielo e alle nuvole, anche loro riflesse nell’acqua. Soffiò forte l’ultima aria che aveva nei polmoni e… la grande bolla scoppiò, producendo una cascata di colori, come tante particelle luminose, come i fuochi d’artificio! 

Esclamazioni di stupore e applausi la fecero sobbalzare: incroci di sguardi incantati, di sorrisi curiosi che le fecero dimenticare di essere accaldata, rossa in volto e senza fondotinta! Quando se ne accorse era troppo tardi, i suoi amici erano tutti attorno a lei e le chiedevano come era stato possibile separare l’olio dall’acqua, così da rendere belli entrambi. Non le sembrava di leggere disapprovazione nei loro sguardi, ma solo genuino interesse. Trasformare il brutto in bello, questo doveva essere il segreto! Se aveva funzionato con l’acqua poco limpida, avrebbe potuto funzionare anche per lei? Le venne da saltare di gioia, noncurante del rossore che ormai aveva invaso il suo volto. Un amico, un amico speciale, le venne incontro e la abbracciò, sussurrandole un “Bentornata..” carico di affetto. Anche lui aveva un leggero rossore al viso, ma non sembrava preoccupato di questo. Si sentì all’improvviso leggera, limpida, bella. Della bellezza che solo le emozioni rendono possibile.